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Maurizio Maggiani. Mi sono perso a Genova

Focus On N.48, 21/11/2007

Mostra "Maurizio Maggiani. Mi sono perso a Genova"

In "Mi sono perso a Genova", (alla Loggia degli Abati @ Palazzo Ducale), chi non l’aveva ancora fatto scopre il Maurizio Maggiani fotografo (da mercoledì 21 novembre 2007 al 10 febbraio 2008). Un racconto passionale ed estremamente personale della città d’adozione nella sua versione di paesaggio vissuto. 180 immagini dal centro storico alle alture, dalle stazioni alle acciaierie in dismissione a Cornigliano, da Begatto a Carignano. Chiese, Palazzi Storici, fontane, monumenti, alberi e persino le loro ombre creano un romanzo visivo dove lo smarrimento è un concetto positivo che permette di vivere un luogo in tutti i suoi angoli e le sfumature, crogiolandovisi. Un romanzo che, nell’atto pratico, è stato un percorrere a piedi gli spazi e le alture della città, esperienza confluita in un’originale guida (Feltrinelli) dall’omonimo titolo.
Foto in bianco e nero e contrasti cromatici morbidi parlano di tonalità percepite e non oggettive, di un modo di guardare al porto, per esempio, a partire dalla calata dove il bianco e il nero di sale e carbone sono gli indiscussi e storici protagonisti.

Entriamo nella città «sognata» dallo scrittore, nato a Castelnuovo Magra (1951) attraverso un container (del Gruppo Grendi). Dal sogno (il bianco del container) alla realtà (il buio che invita al raccoglimento della Loggia), Maggiani ci accompagna per mano – associando brevi riflessioni e micro racconti alle immagini – ad apprezzare la vastità ed eterogeneità del paesaggio genovese (nell’allestimento essenziale ma efficace dell’architetto Valter Scelsi). Sia esso verticale o orizzontale (Voltri-Nervi) uno sguardo solo non regge la sua estensione. Una bellezza che diventa vivibilità e da valore estetico si trasforma in valore anche morale, mettendo in luce la stratificazione storica che trasuda dagli intonaci, dalle sovrapposizioni architettoniche e viarie.
Del «viaggiatore a piedi, non da documentarista», apprezziamo la casualità e la possibilità di creare geniali deviazioni, ma soprattutto collisioni tra antico e moderno, tra degrado e patrimonio artistico, tra città industriale e natura, sapendo che se di artificio si tratta anche la realtà oggettiva non lesinerebbe acute sorprese.

Dislocata nei sette ambienti della Loggia, la mostra include anche due ritratti dell’artista. Nella prima e nell’ultima sala, Maggiani è il soggetto di sguardi autonomi degli amici e professionisti Moreno Carpone e Jacopo Benassi.

All’ingresso, su due monitor una serie di scatti di Carpone si succedono in sequenza presentando Maggiani nelle sue vesti di viaggiatore e fotografo. Nell’ultima sala troviamo il sacrario: un ritratto ironico dello scrittore ferito da penne biro come un martire postmoderno, con ai piedi una serie di indicative reliquie, esempi o tracce bidimensionali del suo quotidiano sopravvivere - soprattutto farmaci e bizzarri suppellettili dal valore evidentemente affettivo.

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