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Gioele Dix

Gioele Dix



incontro

Quando tutto questo sarà finito
Storia della mia famiglia perseguitata dalle leggi razziali

di Gioele Dix

Presentazione del libro

Insieme all'autore interviene Marco Doria

21 marzo 2014, ore 17.45

Sala del Munizioniere

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Milano, settembre 1938. Un signore onesto e perbene, padre di famiglia e patriota, rientra a casa sconvolto. Ha appena letto sulla prima pagina del Corriere della Sera che sono entrate in vigore le leggi razziali e che per conseguenza i cittadini ebrei come lui diventeranno italiani di serie B. Un colpo durissimo, ancor più duro per un uomo che fino a quel momento era stato un ammiratore di Mussolini. Maurizio prova a non drammatizzare, ma intanto gli tocca spiegare a suo figlio Vittorio, che ha solo dieci anni, come mai non potrà più andare a scuola con tutti i suoi compagni. Inizia così questo libro, in cui la voce narrante è proprio quella del giovanissimo Vittorio, che prova sulla propria pelle gli effetti di una discriminazione quotidiana, a tratti grottesca, oltre che infame.

E poi, dopo l'8 settembre 1943, con i tedeschi occupanti che chiedono le liste dei cittadini di razza non ariana per deportarli verso lo sterminio, comincia il racconto dei giorni più difficili, quelli in cui determinazione e fortuna saranno decisivi per mettersi in salvo. La rocambolesca fuga in Svizzera e il lungo esilio lontano dalla sua famiglia faranno crescere Vittorio più in fretta del previsto, ma non gli toglieranno fiducia nella vita e nelle tante persone buone di cui per fortuna il mondo è ancora pieno.

Gioele Dix Gioele Dix sapeva che suo padre Vittorio custodiva una storia, ma per anni non era riuscito a farsela raccontare. Perché a volte chi è passato da certi crepacci della Storia, chi ha vissuto l’assurdo e l’orrore, non ha molta voglia di scendere nei dettagli. Finché un giorno finalmente lo ha convinto, si è seduto davanti a lui e si è messo ad ascoltare. Ne è nato questo libro intenso e prezioso: la storia di una famiglia di ebrei italiani, era il 1938, che come molte altre fu colta di sorpresa dalle leggi razziali. Di un ragazzino che non capisce perché deve lasciare la propria scuola, la propria casa, mettere tutto quello che può dentro uno zaino e fuggire. Una storia di paure, di scelte fatali, di umiliazioni. Ma anche di lampi di inaspettata bontà umana, di angeli all’inferno. Di fiducia, speranza, ostinato ottimismo. Un resoconto di emozioni, di affetti, che in mezzo alla tragedia diventano più forti e forse più puri. La storia di un padre e di un figlio, raccontata da un padre a un figlio. E che senza volerlo diventa una lezione di Storia e di vita.

GIOELE DIX,
nome d'arte di David Ottolenghi, è nato a Milano. Attore, autore e regista, lavora per il teatro, il cinema e la televisione.
Ecco un estratto della sua autobiografia pubblicata sul suo sito www.gioeledix.it
A partire dall’età di sette anni, mi misi in testa che da grande avrei fatto l'attore. Purtroppo nessuno in famiglia si intendeva di teatro e fui costretto ad arrangiarmi da solo. A vent'anni cominciai a cercare la strada. Mica facile. Provini, audizioni, foto di qua e di là, attese, promesse, pochi spiragli, tanti chilometri a vuoto. Come diceva il mio amico Bruno Olivieri, al tempo attore in cerca di fortuna come me: “Molto movimento, nessuna direzione”. Proprio con Bruno e altri coraggiosi colleghi trovammo il modo di mettere in piedi una Compagnia, poi diventata Cooperativa, il Teatro degli Eguali. Era il 1978.
In seguito, mi capitò la fortuna di lavorare accanto ad artisti che furono decisivi per la mia formazione: Antonio Salines, attore-regista intelligente e generoso; la splendida compagnia del Teatro dell’Elfo; l’indimenticabile Franco Parenti, al quale, per quasi tre anni, sera dopo sera, ho rubato tutto il rubabile. Era un tipo brusco e severo, Franco, ma mi spronava con passione a migliorarmi. Una sera, nel suo camerino al Teatro La Pergola di Firenze, sintetizzò così il suo pensiero sullo stato della mia arte: “Non sei male, ma per ora, più che recitare, tu fai rumore”. Capii più avanti che, nel suo linguaggio arcigno, queste parole equivalevano a un attestato di stima.
In molti, nell'ambiente, parlavano degli alti e bassi di cui la carriera dell’attore è disseminata. E infatti, dopo alcuni anni di ascesa, all’improvviso e senza apparente spiegazione, il vuoto: uno spettacolo già pronto che salta, poi l’esclusione da un progetto per far posto a un altro attore e via con una serie di vedremo, le faremo sapere, magari la prossima volta.
Bene, tagliamo corto su questa lacrimevole vicenda. Negli anni a seguire, grazie a qualche buona nuova idea, parecchia intraprendenza e una certa dose di fortuna sono riuscito a riprendere quota. Ho cominciato a scrivere spettacoli e a inventarmi personaggi, puntando su me stesso, senza aspettare passivamente che fossero altri a propormi una parte. “Vedrai, prima o poi ti farai un nome” mi dicevano fiduciosi gli amici e i parenti che affollavano il mio one man show al Derby di Milano. E io, stufo di attendere da troppo tempo la svolta della carriera, decisi di farmelo sul serio un nome (d’arte).
In un pomeriggio di novembre del 1987, a pochi giorni dal mio debutto allo Zelig, il nuovo locale alla moda delle notti milanesi, scrissi decine di nomi su un foglio e altrettanti cognomi su un altro, semplici, astrusi, ridicoli, onomatopeici. Mi impegnai per ore a cercare l’incastro giusto. Infine, stremato e privo ormai di lucidità, feci la mia scelta. Ricordo perfettamente il mio pensiero definitivo: Gioele Dix non funzionerà mai.