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NotteRosa07

Focus On N.11, 16/03/2007

NotteRosa07

Ancora una volta Palazzo Ducale si è trasformato in una mega-discoteca. Ci sta prendendo l’abitudine, questo palazzone austero, ingessato e scarsamente amato. A fargli togliere giacca e cravatta è stata la terza edizione della Notte Rosa, che sabato 10 marzo ha proposto un diluvio di ritmi sotto l’abile regia di tre diggèi-esse. Format consolidato e successo assicurato: quanti saremmo stati? Cinquemila, almeno. Nel porticato non ci si stava, e anche De Ferrari era piena.
Fra le novità più apprezzate di quest’anno, il soft led, un lenzuolone nero di una dozzina di metri tappezzato di lucine, che funzionava come un televisore sotto acido e che ha rubato la scena ai proiettori.

Come ogni serata che si rispetti, si comincia con l’aperitivo, che qui @ mentelocale è stato allietato dai dj di Babboleo e da due cocktail femministi creati appositamente per l’occasione, lo Spring Rice e il Mary Rose (io non mi sono fatto infinocchiare ed ho optato per un più macho Negroni, maschilista anche nel nome).
Tentazione suprema, non so come avete fatto voi a sopportarne gli effluvi, ma ogni volta che passavo a Matteotti c’era un nirvana profumato di formaggi e salumi che avrebbe steso chiunque.

Verso le dieci si parte. Il duro compito di scaldare l’atmosfera – un po’ moscia – è affidato alla genovese di Miami Mizz Malik, vecchia conoscenza di Notte Rosa. Miscela ritmi nujazz molto elettronici, con una base afro e sambeggiante. Niente male, ma non riesce a sciogliere il ghiaccio.
A mezzanotte comincia davvero ad esserci folla, la massa assorbe il rimbombo e l’acustica migliora, sul palco si danno il cambio e in consolle spunta ElectroBabe, la milanese Patrizia Rombola. Si cambia ritmo, mooolto più house: il pubblico apprezza, eccome, sarà anche la fiatella etilica che aleggia pacifica fra i danzatori. La bolgia è partita e il soft led ipnotizza. A buttare immagini su immagini in pasto ai proiettori ci pensano la tedesca Nin.Sha e la marsigliese Audrey Coianiz, ma onestamente non ho capito quale era l’una e quale l’altra. Però, accidenti, mica male davvero. Peccato che per godere appieno i mix delle vj bisognasse allontanarsi dalla consolle e scrutare gli schermoni, perché il soft led riduceva tutto a bagliori ritmici – utili comunque per fare atmosfera.

Verso un’ora imprecisa fra l’una e le due – il vostro prode cronista non garantisce lucidità il sabato sera dopo la mezzanotte – cambiano i suoni e capisco col senno di poi che è cominciato il turno della svizzera Manon. Che mi è anche simpatica perché a Zurigo ha rilevato il bar dei genitori e l’ha trasformato in un discoclub. Ritmi sempre house ma il tappeto sonoro si spoglia via via sempre di più, verso un minimal che alla fine non ti lascia niente in bocca. Mah.
In men che non si dica sono le due e mezzo, c’è ancora un fiume di gente, ma a mentelocale café non mi fanno più credito. Rimasto senza benzina, dirigo verso casa. Per dovere di cronaca, vi informo che hanno finito alle 3.30.

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