Rolli Days

Rolli Days


LE SCHEDE DELLE OPERE




Rolli Days 2009

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Arte


PALAZZO PANTALEO SPINOLA - Via Garibaldi, 2
Eretto dall’architetto Bernardo Spazio per Pantaleo Spinola e proseguito poi da Pietro Orsolino fino alla fine dei lavori, nel 1558, oggi è sede di una banca.
Sulla facciata, dalle linee assai semplici, movimentata dal ritmo delle finestre, dall’aggetto dei balconi e soprattutto dal portale sormontato da due statue marmoree, allegoria della Prudenza e della Vigilanza. Il piano terreno è riccamente affrescato con episodi biblici realizzati nei primi decenni del ’600 da Giovanni Carlone e dal fratello Giovanni Battista. Di notevole pregio la bussola a vetri, realizzata nel 1923, in forme Déco. Nel salone del piano nobile, al quale si accede salendo un elegante scalone, la volta fu affrescata a fine Seicento, con un soggetto mitologico raffigurante l’offerta a Giove delle chiavi del tempio di Giano, dal genovese Domenico Piola e dall’emiliano Paolo Brozzi, specialista in quadrature prospettiche. Dal salone si accede alla terrazza, nel cui ninfeo si trovava un tempo il celebre gruppo marmoreo raffigurante il "Rapimento di Elena" uno dei capolavori della scultura barocca eseguito dal marsigliese Pierre Puget e oggi conservato nel Museo di Sant’Agostino.

STEFANO RICCI
“SETTE ANIMALI CHE CAMBIANO” - installazione video, 2010
Ho iniziato a fare filmini con la mia macchinetta fotografica, come appunti per il movimento di animali e persone. Sono cose da usare per i filmini in animazione che ho disegnato negli ultimi due anni.
Questa pratica del filmare mi é piaciuta sempre di piú e mi serve: lo faccio la mattina presto e la sera tardi, cioè quando non disegno, nella foresta , nel posto in cui vivo, nella vita organica oppure, quando sono in viaggio, nelle città. Ultimamente registro anche molti suoni.
Qualche settimana fa la mia fidanzata Anke Feuchtenberger, mi ha detto, perché non li fai vedere questi filmini? Ho pensato che aveva ragione e ho lavorato alcuni giorni con il mio amico Cristiano Pinna, montando suoni e immagini.  
Non sono mai stato capace di fare bozzetti quando sono in giro, perché quando disegno chiudo tutto, e quando mi trovo fuori dallo studio voglio invece prendere il piú possibile, cosí questa pratica di accendere la macchinetta e concentrarmi su una cosa sola, per un tempo, guardarla e cercare di fermarla nell’atto che ha ogni cosa viva, o ogni cosa che crediamo e desideriamo vedere viva per un certo tempo, questa pratica del filmare é diventata rapidamente una forma naturale, una possibilitá per vedere meglio le cose che guardo, animali, persone, architetture, come un diario vivo che si muove. (Stefano Ricci)

Stefano Ricci è nato nel 1966 a Bologna dove vive e lavora. Disegnatore, dal 1985 collabora con la stampa periodica e l’editoria in Italia e all’estero.

Courtesy IL VICOLO GALLERIA D’ARTE


PALAZZO TOBIA PALLAVICINO - Via Garibaldi, 4
Il palazzo nasce, tra il 1558 e il 1561, dal genio di Gianbattista Castello e dalla personalità di Tobia Pallavicino, nobiluomo tra i più facoltosi del «secolo dei genovesi», monopolista dell’allume con affari e agenti in tutta Europa, mecenate ispirato dalla più aggiornata cultura romana ed europea. La dimora di Strada Nuova rappresenta un momento unico nel panorama genovese: percorsi concomitanti del pianterreno e del piano nobile esaltati con una ricca decorazione a stucco e affresco che sembra nata assieme all’architettura. La parte di facciata originale rimasta, ripartita orizzontalmente da un doppio ordine sovrapposto, richiama bene l’interesse mostrato da Rubens per la «cubicità» dell’edificio originario che apre la sua celebre raccolta. Con i lavori della famiglia Carrega, nasce anche la «Galleria dorata» di Lorenzo De Ferrari (1744) tra le espressioni più compiute e raffinate del rococò europeo. Nel 1820 la dimora perviene ai Cataldi e dal 1922 è di proprietà della Camera di Commercio.

ANGELO GUALCO
“LA LIBERTÀ CHE GUIDA IL POPOLO” - fotografia, colore acrilico e legno, 2010
Questa opera, certamente libero remake della ben nota Libertà di Delacroix, cerca le sue  ascendenze classiche, la postura di una Nike greca piuttosto che nel dinamismo romantico di primo ottocento. Le passioni sono consegnate, rassegnate alla classicità affinché le conservi e tramandi. L’intrusione, l’interferenza ostile – quasi - di Miki Mouse, ovvero della sua maschera è lì per dire, per contraddire, e rafforzare, insieme, il senso di un gesto antico; per dubitare, e ribadire la necessità di frapporsi, di ergersi a difesa di una civiltà oggi, quanto mai minacciata.
(Angelo Gualco)

Angelo Gualco, nato a Genova all’inizio degli anni Cinquanta, vive l’umana vicenda del ‘68 e le sue delusioni. Laureato in filosofia prima, poi in psicologia, cerca nell’impegno sociale uno sbocco possibile alle sue istanze di cambiamento: di lì muove, per molti anni e forse - tuttora - errabondo tra psicoanalisi, fotografia, arte. In questo campo è attivo tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta con esposizioni nella sua città, a Milano, Bologna, Alessandria, Gaeta.
Dopo un periodo di studio e ricerca, dagli anni 2000 torna all’attività artistica, con esposizioni personali e collettive.

Courtesy UNIMEDIAMODERN CONTEMPORARY ART


PALAZZO ANGELO GIOVANNI SPINOLA - Via Garibaldi, 5
E’ un progetto di Giovanni Ponzello (1558) per il lotto maggiore della strada acquistato da Angelo Giovanni Spinola di Luccoli, marchese di Arquata. Il palazzo costituisce la prima soluzione organica di una fabbrica in costa, dove il cortile riesce a raccordare con ampi terrazzi il piano nobile a un grande giardino poi sacrificato, nel nostro secolo dall’apertura dei tunnel veicolari. Giunto inalterato fino al 1919, è venduto dagli Spinola al Credit Commercial de France e da questi alla Banca d’America e d’Italia (1926). La facciata completamente liscia è decorata da una quadratura ad affresco con elementi architettonici ed effigi di imperatori romani, opera dei Calvi (in alto) e di Lazzaro Tavarone (in basso). All’interno, salotti e sala sono affrescati con cicli ad opera di Bernardo Castello, Andrea Semino, Lazzaro Tavarone.

ANNA SANTINELLO
“MMATERNITA'” - scultura in filo di ferro intrecciato, 2005
“SENO”- scultura in filo d’acciaio inox intrecciato, 2007
Anna Santinello realizza le sue sculture con intreccio manuale di fili di metalli diversi, preferibilmente di recupero, in modo viscerale, primordiale, libera da condizionamenti o disegni preparatori ma semplicemente lasciandosi condurre dall'ispirazione e dall'emozione che l'opera le suggerisce.

"Maternità"
Questa scultura che rappresenta la maternità vuole evidenziarne e trasmetterne il concetto originario e universale.
"Seno"
Seno prominente, spaccato e sfilacciato. Invettiva contro il decadimento della moderna società, tesa più all'apparire che all'essere.

Nata a Padova, Anna Santinello si è diplomata presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, città dove attualmente vive e lavora. Pittrice e scultrice, ha partecipato a importanti manifestazioni a livello nazionale e internazionale. E’ stata invitata alla Biennale di Milano nel 1993 (Palazzo della Permanente), alla Biennale de l'Art de la Fibre del 2002 (Museo dipartimentale di Beauveais – Oise), alla BIAB – Biennale Internazionale d'Arte di Pechino del 2005, a Open 2005 nell'ambito del Festival del Cinema di Venezia Lido, al Museo Liu Hai Su Shangai nel 2008, al Museo Ca' Pesaro, Venezia, nel 2007 e nel 2009. Finalista al Premio Internazionale di Scultura “Terre Moretti” a Brescia. Membro di alcune commissioni artistiche tra cui quella del Museo della Permanente di Milano del 1998/1999 e 2000/2001. Tra i molti critici che si sono occupati del suo lavoro, Giovanni Testori ha per primo creduto in lei stimolando il suo percorso artistico.

Courtesy IMMAGINECOLORE.COM GALLERY


PALAZZO GIO' BATTISTA SPINOLA (PALAZZO DORIA) - Via Garibaldi, 6
Iniziato nel 1563 dall’architetto Bernardino Cantone per Giovanni Battista ed Andrea Spinola, si presentava con un massiccio cubo, inizialmente senza decorazione esterna; subì notevoli trasformazioni tra Sei e Settecento, quando fu rialzato di un piano. Nel 1723 il palazzo fu acquistato dai Doria, signori e poi marchesi di Montaldeo. Dopo i gravi danni subiti nel bombardamento della flotta francese del 1864, la facciata ricevette l’attuale decorazione a stucco, con coppie di lesene intervallate dagli assi di finestre.
Nell’atrio si trova una grande lanterna pensile coronata dall’aquila araldica, emblema della famiglia Doria. Da qui si giunge al cortile colonnato e quindi nel piccolo ma grazioso giardino pensile. L’interno presenta una ricca decorazione realizzata in gran parte dalla bottega dei Semino. Gli affreschi della volta del salone a piano nobile, riflettono la volontà di celebrazione dinastica degli Spinola rappresentando "L’ambasceria di Oberto Spinola e Federico Barbarossa", e altre vicende legate alla famiglia. In una sala Andrea e Ottavio Semino, rappresentano le consuete tematiche mitologiche, quali gli amori degli dei, predilette dalla committenza genovese: "Giove e Dafne", "Nettuno e Proserpina", "Venere e Adone", "Giovane ed Europa", "Giove e Antiope". Di notevole interesse una sala al piano nobile, che oltre alla volta affrescata da Luca Cambiaso con la "Caduta di Fetonte" e altri episodi di audacia punita come la "Caduta di Icaro", presenta stucchi settecenteschi di raffinato gusto rococò e preziosi arredi. Sempre nel salone troneggia il monumentale camino cinquecentesco in marmo di gusto manierista, mentre alle pareti sono appesi cinque arazzi fiamminghi della fine del Cinquecento con "Storie di Abramo".

FRANCESCO LAURETTA
“SOUVENIR #1” - pan di spagna, crema e guarnizione, 2010
Ingredienti per una cassata ø 30 cm:
1 pan di Spagna, 1 bicchiere di Vermouth bianco, 500 g ricotta di pecora, 350 g zucchero, 70 g cioccolato fondente a dadini, 50 g zuccata, 1 bustina di vaniglia, 200 g farina di mandorle, 200 g zucchero, colorante verde per dolci, 300 g frutta candita, 100 ml acqua, 250 g zucchero a velo, qualche goccia di acqua di fiori d’arancio.
“SOUVENIR #1” - pan di spagna, crema e guarnizione, 2010
Ingredienti per 4 persone: 150 g farina, 15 g cacao in polvere, 20 g burro, 1 uovo, 270 g zucchero, 1 cucchiaio di Marsala, 1 cucchiaio di amido, 1 bicchiere di latte, 500 g ricotta fresca, zuccata, pezzettini di cioccolato, pistacchi, scorzette di arancia, zucchero a velo, olio d'oliva extravergine
Francesco Lauretta
Nato nel 1964 ad Ispica (RG), vive e lavora a Firenze.

opera d’arte non commestibile


Mostre personali recenti:
2009 -
Lacrimogeni, Allegretti Contemporanea, Torino. 2008 - Wherever, centro ricreativo di quartiere, Galleria La Veronica, Modica. 2007, Privato - Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano. 2005 - Non saremo noi, C/O Care Of, Milano; Finisterre, Palazzo Bricherasio, Torino; Bubble Gum, Galleria Carbone.to, Torino

Courtesy DAC DE SIMONI ARTE CONTEMPORANEA


PALAZZO NICOLOSIO LOMELLINO - Via Garibaldi, 7
Costruito nel 1563 per volontà di Nicolosio Lomellino, rimane di proprietà di questa famiglia per poi passare alla Famiglia Centurione. E' infatti Luigi Centurione che nel 1623 commissiona a Bernardo Strozzi gli affreschi del 1° piano nobile, ritrovati nel 2002 e successivamente restaurati, oggi oggetto di visita da turisti di tutto il mondo. Nella prima metà del XVIII secolo la proprietà passa alla famiglia Pallavicini. Dopo l’acquisto dei Raggio, perviene al barone Andrea Podestà (1865), più volte sindaco di Genova. Attribuito a Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco e affiancato da Bernardino Cantone, un successivo intervento del primo quarto del XVIII secolo introduce un movimentato rapporto tra l’edificio e il giardino retrostante che - assieme alla torre originaria - rimane uno dei documenti più interessanti per cogliere proprio nel divenire una cultura peculiare della città e di quel tempo. Particolari la composizione della facciata decorata a stucco e l’atrio ellittico. Nelle sale del secondo piano nobile si trovano affreschi di Giacomo Antonio Boni, Domenico Parodi e tele di Marcantonio Franceschini. Nella corte, sotto il giardino, il ninfeo dedicato al «Mito di Fetonte» è di Domenico Parodi.

MARY POLA
“MEMORIES” - barili di petrolio e audio, 2010
Memoires è l’intervento di Mary Pola per Palazzo Nicolosio Lomellino e nasce da un viaggio a ritroso dell'artista: dall’attuale attività nel suo atelier-officina a Foligno, in provincia di Perugia, al suo passato più remoto della natia Sardegna.
Il tema dell’isola, nelle corde di Mary Pola proprio per ragioni biografiche, è trattato giocando sul contrasto della crudezza e del realismo del presente - di cui il barile diviene simbolo di forte eloquenza - e il passato fatto di ricordi: il mare nel suo eterno movimento, la terra nella sua essenza ferrosa, il sole che la riscalda.
L’installazione si compone così di due poli di rappresentazione.
La prima, nello spazio suggestivo e raccolto dell'ingresso, sotto la volta stuccata e nei pressi delle nicchie, vede tre elementi i cui colori originali dei bidoni dismessi richiamano appunto la terra, il mare e il sole.
Un supporto audio con l'ininterrotto infrangersi delle onde del mare in sottofondo, fa di questo spazio un passaggio estraniante, in un momento di sospensione prima di passare nel cortile aperto e luminoso.
Là, di fronte al ninfeo barocco, il secondo polo dell'installazione vede una pila di barili accatastati, una sorta di piramide nata dal casuale sovrapporsi degli elementi metallici, il cui calore cromatico - il giallo, il verde, il rosso, il blu - è luce nella luce.
Un sorta di tripudio di forme e colori, senza rigore né simmetria, quanto mai adatto ad occupare con prepotenza uno spazio barocco, dialogando con esso nell'estro scultoreo di un'artista che dal passato ci riporta vertiginosamente nell'oggi. (Anna Orlando) Courtesy LOMELLINO ARTECONTEMPORANEA


PALAZZO NICOLO' GRIMALDI (PALAZZO TURSI) - Via Garibaldi, 9
Iniziato nel marzo 1565 per Nicolò Grimaldi, viene terminato tra il 1572 e il 1579; nel 1593 è venduto a Giovanni Battista e Gio. Stefano Doria e, dopo tre anni, a Gio. Andrea Doria e al figlio Carlo duca di Tursi ai quali si devono le logge laterali e la sistemazione del giardino superiore. Acquistato dai Savoia nel 1820 come residenza di Vittorio Emanuele I, viene ampliato a monte, con demolizione della chiesa di San Francesco e dotato della torretta dell'orologio. Tra il 1838 e il 1848 ospita il Collegio dei Gesuiti; dal 1848-1850 è sede del Municipio di Genova, che nel 1960 inserirà nel giardino posteriore nuovi uffici, ad opera dell’architetto Franco Albini. Gli affreschi ottocenteschi sono di Nicolò Barabino.

ALBERTO TRUCCO
“PEGASO A DONDOLO” – scultura, 2010
Dopo aver trasportato milioni di saette per conto di Zeus, e dopo aver sconfitto Chimera insieme al suo cavaliere Bellerofonte, Pegaso venne giustamente premiato dagli Dei che lo trasformarono in una bellissima costellazione.
Qui Pegaso pare intento ad una nuova impresa: sconfiggere le convenzioni.
Sarà durissima.
Le sue armi sono il gioco, l’ironia e la capacità di catturare sorrisi.
Ci spiazza vederlo cresciuto e così riflettiamo sul tempo che passa e su cosa è rimasto della nostra capacità di stupirci. Pensiero rasserenante, che predispone alla comprensione degli altri.
Anche un giocattolo può diventare grande.
(Alberto Trucco)

Alberto Trucco è nato a Roma nel 1952, vive e lavora a Genova. Tra le sue principali mostre personali e collettive:  2010 Phase zero, Serge Aboukrat Galerie, Paris 2002. Le Maschere di Ubaga Museo di Pieve di Teco,  F.I.A.C.  Paris, Fétiches et Fétichismes - Paris F.I.A.C. – Paris, 2001 Rebecca Container Gallery – Genova, 1996 Poller Gallery – Frankfurt, Galerie Patricia Dorfmann – Paris, 1996 Kolnmesse - Koln (D), Seoul International Art Fair - Seoul (S.Corea), 1995 Autour de Roger Vivier - Galerie Enrico Navarra, Paris 1994 60 rooms with a view - Amsterdam F.I.A.C. - Paris 1993 Découvertes -  Art Basel - Basel (CH) F.I.A.C. - Paris 1992 Salon de Mars – Paris, 1991 Miau Haus Special Salades Conseil General du Var, Saint Tropez.

Courtesy REBECCA CONTAINER GALLERY


PALAZZO LUCA GRIMALDI (PALAZZO BIANCO) - Via Garibaldi, 11
Eretto a metà Cinquecento per un ramo della nobile famiglia Grimaldi, passò poi ad altri proprietari e infine ai Brignole-Sale che ne affidarono la ricostruzione, fra 1711 e 1714, a Giacomo Viano. Nel 1889, per effetto del testamento di Maria Brignole-Sale De Ferrari, pervenne al Comune di Genova quale sede “di una pubblica galleria” e fu aperto al pubblico nel 1892. Gravemente danneggiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu riaperto nel 1950 con l’allestimento di Franco Albini e l’ordinamento di Caterina Marcenaro, diventando un modello di moderna museologia.

PAOLO BINI
“ASSENZA DI COLORE, IN SOSPENSIONE” - acrilico, terra, sabbia e pigmento su tela, 2010
Lo spostamento dalla pittura, dall’idea di superficie che essa evoca a tangibile affermazione della materia pronta a rinnovare la gamma dei valori plastici, si è fatto pressante nell’esperienza di Paolo Bini. Uno scatto in avanti per andare oltre l’effetto tattile della pittura che, fino a qualche tempo fa, il giovane artista ha esibito negli spessori concessi da carte, da grumi di pigmento, da materie incastrate nei piani di colore. Il tentativo non è dare spessore di concreta materia all’immagine, quanto di tessere una relazione tra lo spazio e la percezione fisica che si ha di esso, così come si evince dall’opera qui proposta, immaginata come un’installazione di più tele che, autonome tra loro, concorrono allo sviluppo di un luogo seguendo l’articolazione dei piani – verticali ed orizzontali – dell’architettura di Palazzo Bianco. La sua è una scelta che lo porta a staccarsi dal cosmo d’immagini nel quale vive l’uomo della società contemporanea, fatto essenzialmente di materia trasparente, di figure che appaiono e scivolano sui monitor, sui piccoli schermi domestici, rettangoli pronti ad isolare o celebrare un tempo infinitesimo che muore davanti ai nostri occhi. (Massimo Bignardi)

Paolo Bini nasce a Battipaglia, (SA) nel 1984; nel 2007 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Napoli in Scenografia. Lavora con la Cerruti Arte di Genova, con la galleria Il Catalogo di Salerno e con Memoli Artecontemporanea di Milano

Courtesy CERRUTI ARTE


PALAZZO RIDOLFO MARIA E GIO' FRANCESCO I BRIGNOLE SALE (PALAZZO ROSSO) - Via Garibaldi, 18
Il palazzo fu fatto costruire tra il 1671 e il 1677 dai fratelli Gio. Francesco I e Ridolfo Maria Brignole-Sale ed è caratterizzato dalla presenza di due piani nobili. La decorazione delle “Sale delle Stagioni”, eseguita a partire dal 1687 da Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, è considerata uno dei cicli pittorici più completi e raffinati della pittura genovese. Nel 1874 la duchessa Maria Brignole-Sale De Ferrari donò alla città di Genova il palazzo con la sua quadreria e gli arredi. Nel 1942 l’edificio fu gravemente danneggiato da un bombardamento aereo e fu riaperto al pubblico solo nel 1961 a seguito dell’intervento dell'architetto Franco Albini.

SILVANO GALIFI
“DOVE ABBONDA IL PECCATO SOVRABBONDA LA GRAZIA” - installazione, 13 elementi, 2010
“Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia” questa frase mi è risuonata in testa per molti giorni, credo che sintetizzi nel miglior modo la base della mia ricerca. Questa installazione attraverso la ricostruzione di un avvenimento tragico, vuole creare empatia tra lo spettatore e l’opera. Ci troveremo ad affrontare un paradosso, quello che per tradizione è un essere inanimato e destinato al gioco dei bambini, diventa umano, rappresenta il diverso, ha muscoli ed ossa e soffre. Il pupazzo non rappresenta il bianco o il nero, il cattolico o il musulmano, ma è un umanoide che racchiude tutte le differenze reali o presupposte. E’ differente da tutti e per questo potrebbe essere chiunque. Credo che anche la sofferenza di un pupazzo possa essere una risposta, che per quanto violenta e paradossale, ci ricorda che siamo tutti della stessa specie, quella che è capace di uccidere o di dare la vita, quella che nell’arco di un’esistenza può odiare o amare, ma che in fondo è sottilissima la linea che divide il bene e il male, se è vero che, dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia.” (Silvano Galifi)

Silvano Galifi è nato a Genova nel 1974. Diplomato al Liceo Artistico Paul Klee di Genova si è successivamente diplomato con indirizzo Pittura all’Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova. Dal 1995 al 1996 approfondisce l’arte della ceramica e della scultura nello studio di Furio Giovannacci. Nel 2000 partecipa al programma “Erasmus” presso L’Universidad Complutense de Madrid. Tra le mostre personali: ”Consumatum Est” Galleria ViolaBox, Genova 2009, “3 Gests”,Temple de Arpaillargues (Francia) 2000, “Nudi”, Mairie de Blauzac (Francia) 2001, “La Verticalità tagliente”, Mongolarium , Genova 1996.

Courtesy VIOLABOX ART GALLERY


PALAZZO GEROLAMO GRIMALDI (PALAZZO DELLA MERIDIANA) - Sal. S. Francesco, 4
Palazzo Grimaldi venne costruito tra il 1541 e il 1545 dando idealmente inizio alla stagione di trasformazione urbanistica della città, che da lì a poco porterà all’edificazione di Strada Nuova. Si è soliti indicare in Gerolamo Grimaldi il committente e nel figlio Giovanni Battista il destinatario, anche se non è da escludere che sia stato proprio quest’ultimo a sollecitarne la messa in opera. L’architetto chiamato a stendere il progetto si presume potesse essere stato Giovanni Battista Castello il Bergamasco, certamente presente in cantiere tra il 1565 e il 1566 quando predispose e parzialmente realizzò alcuni decori. Tra il 1540 e il 1570 si alternarono diversi artisti tra cui Lazzaro Calvi, Battista Perolli, Luca Cambiaso e il cremonese Aurelio Busso, chiamati per abbellire interni ed esterni della nuova dimora in via di ultimazione.
Quando nel 1778 venne tracciata Strada Nuovissima – l’attuale via Cairoli – la dimora subì inevitabili modifiche strutturali, che favorirono un generale rimodernamento. Venne così distrutto il giardino inferiore, fu sopraelevato di un piano l’immobile, aumentato il numero delle finestre, aggiunto il piccolo avancorpo centrale sormontato da una terrazza e dipinta in facciata la meridiana che, di fatto, ribattezzò il palazzo, detto da allora “della meridiana”. Dopo svariati passaggi la proprietà arrivò, nel primo Novecento, a una società della famiglia Mckenzie che incaricò Gino Coppedé di adeguare la struttura cinquecentesca a una moderna sede per uffici. Fu allora che l’aspetto originario venne stravolto con la distruzione di due cortili colonnati, ben tre giardini e una serie di affascinanti grotte retrostanti.

PATRIZIA BULDRINI
“VIAGGIO SEGRETO” - installazione pittorica, oli su tavola, 2010
“Viaggio segreto” o “Viaggio nascosto” sono le denominazioni che gli immigrati usano per indicare quello che noi occidentali chiamiamo “Viaggio della speranza”.
L’installazione si compone di venti oli su tavola. Il retro di ogni tavola riporta un nome riferito all’immagine dipinta sul fronte della stessa. Tutti i nomi una volta scritti, sono stati resi meno leggibili, nell’intenzione di evocare quel pensiero comune che spesso abbiamo nel considerare quelle persone come “massa” e non come insieme di individualità. Ogni tavola riporta una cornice dipinta che insieme alla tecnica “semplice”, di sintesi, vuole rimandare alla pittura popolare degli ex voto o al fine di suggerire il pensiero della sacralità della vita, di ogni vita.
Patrizia Buldrini da oltre vent’anni porta avanti una ricerca artistica con riferimenti alla pittura contemporanea di area nordica. Nasce nel 1964 a Genova dove lavora. 

Courtesy GALLERIA ERMIONE


PALAZZO FRANCESCO GRIMALDI (GALLERIA DI PALAZZO SPINOLA) - Piazza Pellicceria, 1
Il palazzo nobiliare fu costruito dalla famiglia Grimaldi alla fine del XVI secolo e ristrutturato da Maddalena Doria nel '700, con l'aggiunta di nuove decorazioni e affreschi, tanto all'esterno, quanto nei preziosi ambienti interni. Donato allo Stato nel 1958 dai marchesi Spinola, con l'obbligo di destinarlo a Galleria Nazionale, rappresenta uno stupendo esempio di casa-museo. Le ricche sale, affrescate da L. Tavarone, L. De Ferrari e G. Galeotti, conservano l'antico aspetto di dimora patrizia con parte dell'arredo originario e una ricca quadreria, che annovera opere di scuola italiana (Grechetto, A. da Messina, G. Reni, G.C. Procaccini, Tintoretto, B. Strozzi, L. Cambiaso, D. Fiasella, D. Piola) e fiamminga (A. Van Dick, PP. Rubens, J. Van Cleve). Suggestiva è l'intera struttura architettonica del palazzo, con la famosa Galleria degli Specchi.

GIACOMO COSTA
“GARDEN SERIES” – 8 lightbox, 2009
Costa presenta un’installazione inedita composta da 8 light box. L’artista prosegue la propria ricerca recente sul rapporto  tra la natura e l’elemento architettonico. “Le immagini di Giacomo Costa” come dice Sir Norman Foster “…sono come le rovine di una civiltà perduta, che potrebbe essere la nostra. Grazie a questa potente visione, ci ricordano soprattutto la fragilità del nostro mondo artefatto e i presupposti civici che lo hanno sostenuto fino ad oggi.”
Nella serie Garden le opere sembrano tendere ad un primo sguardo verso una scelta positivista nella quale la natura è protagonista e complice. Ma quella rappresentata da Costa non è una natura amica. Essa è, come dice Luca Beatrice, “una vegetazione lasciata troppo a lungo a digiuno, ingorda. Le piante si riprendono il loro spazio, e il ciclo temporale si chiude”.

Giacomo Costa è nato nel 1970 a Firenze dove vive e lavora.
Nel 2006 ha preso parte alla X Biennale di Venezia di Architettura. Nell’ottobre dello stesso anno una sua opera è stata esposta al Centre Pompidou di Parigi in occasione della mostra Le Peintres de la vie moderne entrando a far parte della collezione permanente del museo. Nel Settembre del 2007 il suo lavoro è stato esposto presso Phillips De Pury a New York in occasione della mostra C-Photo Exhibition. Tra il 2007 ed i primi mesi del 2008 la rinnovata visibilità internazionale del suo lavoro ha portato alla pubblicazione di una serie di servizi monografici dedicatigli su alcune delle più importanti riviste di fotografia internazionali, tra le quali C-Photo Magazine (Gb), Photò (F), Foto Magazin (D),  Frame (O), DIgital Photo (Ru), POL Oxygen (Aus), Silver Shotz (Gb). Nell’aprile del 2009 l’editore Damiani ha pubblicato una monografía che ripercorre il suo lavoro dal 1996 ad oggi, con una prefazione di Sir Norman Foster ed un testo critico di Luca Beatrice.
Nel Giugno del 2009 ha rappresentato l’Italia alla 53° edizione della Biennale d’Arte di Venezia.  Nel novembre dello stesso anno gli sono state dedicate due personali dal FotoArtFestival di Bielska in Polonia e dal Lucca Digital Photo Fest, mentre nel mese di Dicembre ha esposto con una personale al Seoul International Photo Festival.

Courtesy GUIDI&SCHOEN ARTE CONTEMPORANEA


PALAZZO GIORGIO CENTURIONE (PALAZZO DURAZZO PALLAVICINI ) - Via Lomellini, 8
Fin dall’inizio del secolo XVI i Lomellini, saliti ad eccezionale ricchezza per i commerci oltre confine, a loro spese eressero la magnifica chiesa dell’Annunziata e diedero inizio alla costruzione di alcuni palazzi, per destinarli a proprie abitazioni, nella via che prese poi il loro nome; dalla grande pianta della città  tracciata nel 1656 per commissione dei Padri del Comune si può desumere infatti che la strada, anticamente Fossatello, poi contrada  “Sanctae Agnesis”, aveva già la denominazione di via Lomellini. Quest’asse viario ricopriva un ruolo di persistente importanza cittadina, dato dal fatto che connetteva direttamente il mare con un nuovo nucleo cittadino a monte, giungendo davanti alla chiesa di Sant’Agnese, press’a poco all’inizio dell’attuale via di Sant’ Agnese; quest’ importanza venne rafforzata dalla costruzione della Chiesa e dell’oratorio di San Filippo Neri (1674 e 1755 ). Dell’influenza positiva conseguente all’attigua collocazione dell’oratorio e Chiesa succitati godette ampiamente il palazzo di antica proprietà della famiglia di Giorgio Centurione, sorto nella via Lomellini nel XVII sec. dove già si trovava un altro edificio appartenente alla famiglia Adorno. Giunto alla famiglia Pallavicini, che ne fece la propria residenza stabile, il palazzo subì, tra il 1718 ed il 1724, il primo grande completamento ad opera dell’architetto Giacomo Viano. Questi intervenne sull’originario impianto cinquecentesco, traducendo in un linguaggio spaziale sostanzialmente diverso l’atrio e lo scalone monumentale, nonostante vennero adottate in prevalenza le colonne e i marmi appartenenti alla scala precedente. A Viano si attribuiscono i prospetti principali verso S. Filippo e Via Lomellini, scanditi da cornici marcapiano, lesene, timpani e motivi floreali, e la creazione di una galleria, affrescata da D. Parodi, e decorata da Mutoni: testimonianze  architettonica e decorativa di gusto arcadico.

ROSSOSCURO DESIGN
 “NEW YORK SYMPHONY” – installazione, 2010

La manifestazione Rolli Days crea un ponte fra epoche diverse, un dialogo fra gli storici palazzi genovesi e le opere di artisti contemporanei.
Rossoscuro Design, duo di designers trentini presentato da Ko.Ji.Ku. e formato da Ilaria Bassoli (1981) e Marco Merulla (1983), propone un’installazione che vede come protagonista uno dei loro progetti, la lampada New York Simphony, riproposta in nove esemplari di diverse altezze.
L’atrio di Palazzo Giorgio Centurione, privato della normale illuminazione, è trasformato dalla presenza di questi volumi e dai loro effetti luminosi sulle pareti e sul soffitto.
Le lampade, realizzate con un materiale semplice quale il cartone, sono riproposte in una scala monumentale, “fuori misura”, superando di fatto la loro tradizionale utilità per divenire opera scultorea. Nasce così un’installazione in cui la luce gioca un ruolo fondamentale, quello di “materia scultorea”. Le geometrie proiettate nell’ambiente si confrontano con la verticalità delle colonne. Una sorta di città dell’immaginario, un’urbanizzazione contemporanea all’interno di un palazzo che fece parte del sistema dei Rolli. Una strategia edilizia che potenzialmente potrebbe diffondersi e proliferare all’infinito. Come affermano i Rossoscuro, il nome della lampada nasce da una riflessione “sull’intimità delle case e sul modo in cui molte persone abitano la città”.
Le aperture sulle superfici dei diversi esemplari della New York Simphony rimandano, infatti, a finestre di palazzi e ci restituiscono l’immagine di una città abitata, facendoci entrare per “un attimo in un’intimità che non ci appartiene”.

A cura di Consorzio Giovani Curatori (Ko.Ji.Ku.)

Courtesy GALLERIA STUDIO 44

Con il contributo di Ansaldo Energia


PALAZZO STEFANO LOMELLINI (PALAZZO DORIA LAMBA) -Via Cairoli, 18
L’immobile, nella conformazione in cui attualmente si presenta ed in cui è stato oggetto di restauro in occasione di Genova 2004, nasce con l’apertura della Via Nuovissima, oggi via Cairoli, fortemente voluta dai Padri del Comune tanto che, già dal 1661, fu dato incarico a Pietro Antonio Corradi di presentare il "Modello di Strada Nova da Farsi che passa dal Guastato a Strada Nuova". Solo nel 1777, però, venne bandito un concorso per la realizzazione di Strada Nuovissima, congiunzione naturale tra la Strada Nuova e la piazza del Guastato, nonostante l’opposizione della famiglia Balbi, dei Brignole e della chiesa di San Siro dei Padri Teatini.
Tra i quattro concorrenti prescelti, Claudio Storace, Andrea Tagliafichi, Gianbattista Pellegrini e Gregorio Petondi, risultò vincitore quest’ultimo, forse anche per il peso politico di Giuseppe Lomellini, allora Doge di Genova, la cui famiglia era proprietaria dell’immobile.
II Petondi fu quindi incaricato dalla famiglia Balbi, che nel frattempo era subentrata nella proprietà alla famiglia Lomellini, di procedere alla ristrutturazione, in funzione dell’apertura della nuova strada, del lotto in allora costituito da due corpi di fabbrica che si affacciavano sulla Strada Lomellina (oggi Via Lomellini) separati da un vicolo detto vico dei Molini, e contornati da vico dell’Argento, ancora oggi esistente, e da salita de’ Forni, diventata poi piazza della Zecca.

GIORGIO FALETTI
“NEW YORK SYMPHONY” - tecnica mista su carta, 2009
Nella città che ha dato i natali a Colombo, Giorgio Faletti porta New York, la sua atmosfera, a Genova.  Nello scenario dei Rolli e in un allestimento studiato per il luogo, le sue opere si uniscono idealmente alle installazioni luminose di Daniele Statera che rappresentano simbolicamente le luci della città, i lumi della civiltà.

Molto conosciuto per il suo passato di uomo di spettacolo, autore attore regista, meno forse come musicista, compositore e interprete straordinario, per approdare alla letteratura dove ha superato i successi conseguiti nelle sue vite precedenti ma sempre parallele. Ora questo nuovo campo d’azione: la pittura, seducente musa per antonomasia, terra di raffronto plurisecolare, fascinazione dovuta a nomi troppo grandi per citarli ma accomunati comunque da questa sfida...
Dotato di una versatilità che non conosce limiti, come artista ha partecipato con Ellequadro Documenti ad ARTOUR-O il MUST a Firenze 2O1O.


PALAZZO STEFANO LOMELLINI - Via Cairoli, 18
DANIELE STATERA
“STELLA” – installazione, 2009
Laureato in Disegno Industriale all'Università di Roma La Sapienza, la sua attività oscilla tra il disegno industriale, la comunicazione visiva e la fotografia. 
Artista versatile, usa nella sua ricerca la luce, l'informatica, il design e l'elettronica. Pratica sperimentazioni di varia natura. 
Tra le sue mostre: CROSSOVER con ARTOUR-O il MUST a Roma 2OO9, STAteR Comet Ellequadro Documenti Genova 2OO9, ARTOUR-O il MUST a Firenze 2O1O, MISA a Genova 2O1O.

Courtesy ELLEQUADRO DOCUMENTI ARTE CONTEMPORANEA


PALAZZO GIO' FRANCESCO BALBI - Via Balbi, 2
Dimora avita della famiglia Balbi, viene ampliata da Gio. Francesco, governatore della Repubblica, che trasforma il vecchio nucleo con l’annessione di alcuni immobili contigui. Situato a sud del nuovo asse stradale, in una posizione d’angolo privilegiata, il palazzo si amplia nella prima metà del XVII secolo. L’iniziativa, presa dal figlio Stefano, consente di rettificare il fronte stradale dell’edificio, aprendo con un "acrobatico" riaccorpamento (che anticipa il perimetro attuale) un imponente prospetto loggiato. Presente ancora nel rollo del 1664 a nome Balbi, giunge per via ereditaria alla famiglia Cattaneo che, nel corso del XVIII secolo, commissiona all’architetto Gregorio Petondi le decorazioni a stucco della facciata e degli interni. Proprietà di una
società assicurativa, nel corso del secondo conflitto mondiale subisce il crollo delle coperture. La ricostruzione é dell’architetto Luigi Carlo Daneri che si attiene ai caratteri della composizione originaria, restituendo per analogia elementi strutturali e decorativi. Acquisito dall’Università nel 2001, è stato restaurato funzionalmente all’uso. Recentemente sono stati restaurati e ricollocati nella loro ubicazione originaria i grandi ritratti che ornavano il salone principale, attuale Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia: tre immagini di dogi della famiglia Cattaneo - Giovanni Battista, Cesare e Nicolò – e lo splendido doppio ritratto di una dama Cattaneo con la giovane figlia, opera di Gio. Enrico Vaymer

VIRGINIA CAFIERO e LUCIA PASINI
“SENSAZIONI DI VIAGGIO” – installazione, tecnica mista, 2010
Lucia Pasini e Virginia Cafiero sono due artiste di differente formazione che si confrontano nell’elaborazione della sostanza, fornita dalla natura, da impiegare nelle loro opere.
I loro lavori hanno origine da stati della materia opposti e si compensano nel risultato visivo del tutto differente: terre rese liquide nei lavori di Pasini, polpa di carta plasmata a creare gli abiti di Cafiero. Le artiste immaginano un viaggio che partendo dai paesaggi informali di Lucia arriva a quell’Oriente, reso tangibile nei Kimono di Virginia, idealizzato come luogo della mente dove tutto si fonde per poi rinascere a nuove forme.
Il percorso artistico di Lucia Pasini si è evoluto negli anni verso un astrattismo puro ed essenziale. Pur lavorando con un elemento materico come le terre riesce a togliere volume, a sottrarre spessore diluendole talmente da sembrare acquarelli.
Virginia Cafiero crea le sue carte facendo macerare la cellulosa con gli elementi più consoni all’idea a cui vuol dare vita: prevalentemente fiori, spezie e fili. La sua arte nasce già lì, nelle vasche e nei telai che utilizza per sciogliere e ricreare nuova materia da usare nelle composizioni che diventano poesia lieve nelle sue mani.
Per il lavoro sui Kimono ha utilizzato fiori di buganvillea, ortensie, rose, orchidee, iris, accostati a filtri del tè.

Courtesy SATURA GALLERY


PALAZZO GIACOMO E PANTALEO BALBI - Via Balbi, 4
La paternità del progetto originario é attribuita dal Soprani a Bartolomeo Bianco, sulla scorta di una serie di elementi quali la dislocazione del palazzo, l’appartenenza ai Balbi, lo stile e l’epoca. Recentemente, il riferimento é stato suffragato dal ritrovamento di alcuni documenti, in cui i proprietari, Giacomo e Pantaleo Balbi, si rimettono al giudizio dell’architetto per le scelte riguardanti il palazzo, iniziato nel marzo del 1618. II Bianco ricorre al tipo architettonico piú radicato nella tradizione genovese, il semplice cubo pre-alessiano, per modifícarlo, tuttavia, nella sostanza. Una maggiore flessibilità nella partizione dello spazio é contemperata dalla prevalenza di una assialitá molto forte: quella perpendicolare alla strada, che permette una visuale diretta dall’ingresso fino al limite del cortile. Caratteristica significativa dell’edificio, peraltro ricorrente nel panorama architettonico genovese, é quella di avere due piani nobili sovrapposti, qui di pari rilevanza tipologica, per ospitare i due fratelli con le rispettive famiglie. Preziose sono le incisioni del Rubens del 1622, che mostrano la pianta prima delle modifiche volute da Francesco Maria Balbi, figlio di Giacomo. Fu questi ad ampliare l’edificio alla metà del secolo XVII articolando la sequenza atrio – cortile nell’esito scenografico del giardino, concluso da un ninfeo ornato da grandi statue realizzate da Barberini, stuccatore lombardo. A partire dagli anni cinquanta del Seicento lo stesso Francesco Maria fece decorare il palazzo con uno straordinario ciclo ad affresco, impegnando dapprima Valerio Castello e, in sequenza, Domenico Piola, Gregorio De Ferrari e Andrea Carlone. Una ricca collezione, con opere di grandi artisti - tra i quali Tiziano, Caravaggio e Rubens - ornava le sale

TAMARA FERIOLI
“POISONOUS POISE” - spine e corda su legno, site specific, 2009
La produzione artistica di Tamara Ferioli si articola attraverso diversi linguaggi espressivi come la scultura, l'installazione, il disegno, le applicazioni su tela. Maturando un'identità forte, pregna di evocazioni, dal tratto e dalla poetica inconfondibili. Anche la scelta dei materiali non è mai convenzionale, dai capelli della stessa artista che compongono disegni come sottili tratti di matita, alle bustine di the, cucite una ad una fino a comporre imponenti sculture. L'artista trasforma gli ambienti che la ospitano in surreali dimensioni parallele popolate da creature mostruose ed angeliche, luminose ed oscure in un continuo gioco di complementarità e coincidenza dei contrari, accompagnando lo spettatore all'interno di un viaggio onirico in cui i simboli sono archetipi di un mondo infantile  seducente e minaccioso.

Tamara Ferioli nasce nel 1982 a Legnano (MI). Vive e lavora a Milano.
Tra le principali mostre personali e collettive: Mekánema, Studio d’arte Cannaviello, Milano, 10 giugno 2010, Ketos 2.1, Les Jardin des échoués, installazione site specific, giardino Acquario Civico di Milano, 2010, Salon du Dessin Contemporain, Carouselle du Louvre, Paris, 2010, BAC 10.0, Festival Internacional de Arte Contemporáneo de Barcelona, CCCB Centre de Cultura Contemporánia de Barcelona, 2009, !0° Premio Cairo, a cura di Marco Pierini, Palazzo della Permanente, Milano, 2009,  Ketos 2.2, a cura di Giovanni Cervi, Museo di Storia Naturale, Reggio Emilia, 2009, Italian Calling, a cura di Beatrice Buscaroli, Bonelli Lab, Canneto Sull’Oglio (Mantova), Mutazioni, Monte dei Paschi di Siena, Francoforte, 2009, Premio Celeste 2008, a cura di Gianluca Marziani, Fabbrica Borroni, Bollate (Mi), 2008, Enkefalina_abreazioni aCute, a cura di Stefano Castelli e Mimmo di Marzio, Galleria Obraz, Milano, 2008, Housebound-Spasmi affezionati, a cura di Alessandro Trabucco, galleria Andrea Ciani Arte Contemporanea, Genova 2007.

Courtesy ANDREA CIANI ARTE CONTEMPORANEA e STUDIO D'ARTE CANNAVIELLO, Milano


PALAZZO FRANCESCO MARIA BALBI - Via Balbi, 6
Il Palazzo fu di proprietà originaria di Francesco Maria Balbi, successivamente di Marcello Luigi Durazzo e dal 1890 di Edilio Raggio, del quale conserva l’attuale toponimo. L’edificio è di origine seicentesca e si inserisce nell’ambizioso progetto per la realizzazione di una strada di grande importanza cittadina voluta dalle Autorità di Governo della Repubblica di Genova nel 1601. La richiesta di realizzazione dell’edificio è presentata da Francesco Maria Balbi nel 1657, l’incarico per la costruzione viene affidato ai "Maestri Michele Moncino e Michele Rusca" individuandone le caratteristiche costruttive principali e la scelta dei materiali. I lavori di costruzione subiscono quasi subito un'interruzione a causa dell’epidemia di peste che sin dall’anno precedente si era abbattuta sulla città. Tra le vittime dell’epidemia vi sono anche i due Maestri - il Monchino e il Rusca -, pertanto Francesco Maria Balbi passa l’incarico a Pietro Antonio Corradi nell’ottobre 1658. L’anno presumibile dell’ultimazione della costruzione dovrebbe essere il 1665. Si ipotizza che l’assetto distributivo originario fosse molto simile a quello di Palazzo Balbi Senarega, ma non è per nulla riscontrabile nell’attuale situazione. Il palazzo passò a Costantino Balbi ed a lui si devono i primi interventi di modifica nel primo ventennio del Settecento, di tali interventi si conosce l’esistenza e l’entità dal Libro Mastro iniziato nel 1740 dal primogenito Giacomo Antonio. Nel 1824 il Palazzo venne acquistato da Marcello Luigi Durazzo e i quadri ivi esistenti furono portati a Palazzo Spinola di Pellicceria. Negli ultimi anni del secolo, su commissione di Edilio Raggio, l’architetto Luigi Rovelli trasformò radicalmente l’edificio. L’operazione portò alla creazione del vasto atrio e dell'imponente scalone sostenuto da archi rampanti; sulla volta dello scalone Cesare Viazzi, intorno al 1893, dipinse un ciclo di tempere murali che hanno per soggetto allegorie risorgimentali, a celebrazione della monarchia sabauda e dello stato unitario.

RICCARDO ARENA
“THE GAZE” - video 15', musica di Stefano Tedesco, 2009
Il lavoro nasce da una ricerca sullo sguardo, sulla reciprocità che intercorre tra il soggetto che guarda e l’oggetto che riceve attenzione, una relazione attiva e passiva che nella politica del video viene dissolta in favore di una dimensione onirica, dove ogni sguardo resta muto.
Attraverso un unico corpo di immagini in continua evoluzione e metamorfosi, pilotate da composizioni di feedback e vibrafono, lo spettatore viene lentamente accompagnato nell’esperienza del contemplare gli elementi che lo circondano, elementi che per natura racchiudono in sé infinite possibilità interpretative. La molteplicità di queste forme a cui la vista si riferisce, innesca un processo sensibile diverso e simultaneo, in cui la contemplazione della vista e della visione, genera uno sguardo superiore, meditativo, creato per antitesi dal frastuono delle percezioni.
“The Gaze” è lo sguardo nudo delle persone, uno sguardo che diventa cieco alla superficie; uno sguardo che ha come fine la comprensione di un mondo sensibile che osserva i nostri occhi; un tentativo di rappresentare in musica e video lo sguardo o meglio l’assenza di esso.
Analizzando il comportamento umano e certi suoi atteggiamenti inconsci abbiamo trovato interessante concentrare la nostra attenzione su quei cosiddetti “punti morti” dello sguardo.
Quei particolari momenti durante i quali lo sguardo è assente nonostante gli occhi siano aperti.

Domenica 9 maggio ore 15.00
Stefano Tedesco, vibrafonista
performance live audio-video “The Gaze” 30’

Courtesy OPENLAB ART GALLERY


PALAZZO STEFANO BALBI (PALAZZO REALE) - Via Balbi, 10
Quello che chiamiamo oggi Palazzo Reale è in realtà una grande dimora patrizia edificata, accresciuta nel tempo e decorata con splendore, oltre che dai Savoia nell’Ottocento, da due grandi dinastie genovesi: i Balbi (che lo costruirono tra il 1643 ed il 1650) e i Durazzo (che lo ampliarono tra la fine del Seicento e l’inizio del secolo successivo). Il palazzo è forse il più vasto complesso architettonico sei-settecentesco a Genova che abbia conservato intatti i suoi interni di rappresentanza, completi sia delle decorazioni fisse (affreschi e stucchi) sia di quelle mobili (dipinti, sculture, arredi e suppellettili). Le volte dei salotti e delle gallerie sono affrescate da alcuni dei nomi più importanti della decorazione barocca e rococò. Tra gli oltre cento dipinti esposti nelle sale si trovano opere dei migliori artisti genovesi del Seicento insieme a capolavori dei Bassano, Tintoretto, Luca Giordano, Anton Van Dyck, Ferdinand Voet e Guercino.
La visita comprende l’atrio monumentale con stucchi settecenteschi, il cortile d’onore, il giardino pensile e l’appartamento nobile al secondo piano con scenografici ambienti di rappresentanza quali la Sala del Trono, il Salone da Ballo e la Galleria degli Specchi.

FEDERICA MARANGONI
“SIMBOLI E FETICCI”
“ITALY- ITALY” - bobina in vetro massiccio trattato in superficie, neon a 3 colori, rottame di vetro di Murano, 2008
“LIBERTA’ DELLA LUCE”- gabbia in ferro, specchio e farfalla di punti LED bianco e azzurro temporizzati, 2009

L’installazione “SIMBOLI E FETICCI” si compone di due opere basate sulla luce come nuova dimensione della scultura contemporanea: due sculture che dialogano sul tema della Libertà, irraggiungibile mito umano. La Bandiera, feticcio dei popoli, trae forza dalla materia prima per poi restituirla in nuova energia: la Luce. La luce e’ tutto ciò che è sempre libero da gabbie, prigioni e limitazioni umane, qui rappresentata dalla metaforica forma di una farfalla. Una visione ironica e amara, ma profonda, su ciò che l’uomo si può aspettare da simboli e fedi, nei quali punta spesso le sue illusioni.

Federica Marangoni, nata a Padova nel 1940, veneziana, sensibile maestra di metafore in video vetro-neon e rappresentante storica, nel contesto internazionale, dell’arte elettronica, affronta nelle sue opere le contraddizioni, i conflitti e il malessere della cosiddetta società del benessere.

Courtesy ARTRÈ GALLERY


MAURIZIO NAZZARETTO
“RADICI GIUDAICO-CRISTIANE 2010” - installazione, tecnica mista, 2010
L’opera affronta con ironia amara il tema delle nostre radici culturali, mediante la mise en scène di un residuale e spiazzante luogo di culto.
Maurizio Nazzaretto è conosciuto per le installazioni ambientali delle sue sculture: durante le Celebrazioni Colombiane del 1992 furono allestite decine di bronzi ai Parchi di Nervi e al Porto Antico. Successivamente il Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova ospitò una sua personale intitolata “Nuovi Generi di Conforto” che dopo un anno, ampliata, si trasferì a Venezia nei grandi spazi dell'Arsenale. Negli anni successivi si reca in Costa d'Avorio dove coordina un gruppo di lavoro di studenti della Scuola d'Arte.

Courtesy ARTRÈ GALLERY



Teatro

PALAZZO BARTOLOMEO LOMELLINO - Largo Zecca 4
E’ costruito negli anni 1556 - 1570 da Bartolomeo, fratello del Nicolosio Lomellino di Strada Nuova e nipote di acquisto di Adamo Centurione; é iscritto nei rolli dal 1588 al 1664; rimarrà ai Lomellini sino al 1757, poi passa per linea femminile ai Rostan Reggio, sinché nel 1892 non é venduto ai Raggio. La volumetria originaria sembra adeguarsi alla conca di Vallechiara, così come del resto appare dal prospetto rubensiano, allungato e armonicamente composto negli assi verticali della quadratura pittorica. Oggi il mascheramento dovuto alla scala iniziale di raccordo con lo scalone originario, agli adattamenti di una sede scolastica affittata dal Comune nel 1875 come Istituto Tecnico Commerciale, ai prolungamenti (1908) e al rinnovo neorinascimentale della facciata (ingegner Lodigiani), renderebbero tutto irriconoscibile se non avessimo le otto tavole dedicategli da Rubens. A iniziare dai due grandi sbancamenti introdotti dal taglio di Strada Nuovissima (1778 - 1786, oggi Via Cairoli) sino a quello della lottizzazione Raggio subito prima dei tunnel veicolari.
Gravi furono anche i danni dell’ultimo conflitto ai piani superiori, come la scomparsa di un camino monumentale, ma anche della grande decorazione che doveva arricchire una dimora in cui si svolsero le adunanza degli Arcadi, di cui per altro rimane parte di affreschi al piano rialzato (segreteria) con "Enea e Didone" di mano vicina a Bernardo Castello.

Voci del Mediterraneo
Reading teatrali a cura della Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova.
Testi tratti dalla rassegna “Le Grandi Parole dell’Umanità – Voci del Mediterraneo”a cura di Aldo Viganò e Anna Laura Messeri.
Il Mar Mediterraneo ha sempre ricercato nel corso del tempo una propria immagine unificante, una specifica identità culturale pur nelle grandi differenze etniche e religiose che hanno dato origine a forti e laceranti contrasti interni, apparsi sovente insanabili.
Le letture scelte, tratte dai maggiori poeti e autori a cavallo dei secoli, intendono evocare la presenza di un patrimonio comune, portando in primo piano la forza squisitamente teatrale dell'intrecciarsi di voci narranti che tendono a trovare un'originale sintesi unificante sullo sfondo sempre ricco di fascino dell'affabulazione orale

SABATO 8 MAGGIO
Palazzo Luca Grimaldi (Palazzo Bianco) - Via Garibaldi, 11
ore 11 (durata 20 min.)
Palazzo Luca Grimaldi (Palazzo Bianco) - Via Garibaldi, 11
ore 12 (durata 20 min.)
Palazzo Bartolomeo Lomellino - Largo Zecca, 4
ore 16 (durata 20 min.)
Palazzo Bartolomeo Lomellino - Largo Zecca, 4
ore 17 (durata 20 min.)


DOMENICA 9 MAGGIO
Palazzo Bartolomeo Lomellino - Largo Zecca, 4
ore 11 (durata 20 min.)
Palazzo Bartolomeo Lomellino - Largo Zecca, 4
ore 12 (durata 20 min.)
Palazzo Luca Grimaldi (Palazzo Bianco) - Via Garibaldi, 11
ore 15 (durata 20 min.)
Palazzo Bartolomeo Lomellino - Largo Zecca, 4
ore 16 (durata 20 min.)