Artista coreana, dopo gli studi di pittura a Seoul e a Parigi, nel 1998 si trasferisce a New York, dove vive e lavora. Dalla metà degli Anni Ottanta ha realizzato video, installazioni e performance estremamente poetiche e contemplative, attraverso cui indaga la relazione tra arte e vita, partendo da elementi della sua cultura di origine e trasformandoli in metafora di una condizione umana universale. L’impatto psicologico dello sradicamento è uno dei temi ricorrenti nelle sue opere così come il viaggio, volontario o involontario. I Bottari, termine spesso utilizzato come titolo dei suoi lavori, sono dei copriletto che in Corea vengono regalati agli sposi novelli come messaggio augurale di fortuna, felicità, molti figli maschi e una lunga vita, ma che, all'occorrenza, diventano fagotti per trasportare l'essenziale durante il viaggio. Dal 1992 costituiscono un elemento tipico del lavoro dell’artista. Presentati anche alla Biennale di Venezia del 1999, ammassati su un camion con il quale l’artista aveva ripercorso per 11 giorni itinerari a lei famigliari della Corea, questi fagotti di tessuto fanno riferimento alla tradizione coreana ma sono al tempo stesso una metafora universale di spostamento.
